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domenica 1 marzo 2015

BUONA SCUOLA – Il Governo deve raddoppiare le assunzioni: non 180mila, ma 350mila


L’Esecutivo sta cercando di coprire la decisione presa negli ultimi giorni di ridurre di alcune decine di migliaia di posti la quota di quasi 150mila assunzioni inizialmente indicate come sicure. Ma a questo gioco, l’Anief non ci sta e rilancia il suo piano di stabilizzazioni, non distante da quello proposto in queste ore dal M5S. Il conto è presto fatto: vanno ripristinati i 200mila posti tagliati dal 2006 ad oggi, ci sono poi i 90mila attualmente inseriti in organico di fatto, ma in realtà collocabili tra le supplenze annuali al 31 agosto. A cui vanno aggiunti i 60mila vincitori del prossimo concorso a cattedra.

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): è l’unico modo per tornare a una scuola di qualità. I rapporti Ocse-Ocde, sempre più sfavorevoli, parlano chiaro: senza risorse umane adeguate, qualsiasi programma di riforma sarebbe destinato a naufragare.

Sulle assunzioni il Governo continua a cambiare le carte in tavola con una periodicità inquietante: nelle ultime ore il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha detto che sono diventati "180mila gli insegnanti che a settembre saranno assunti". Nemmeno il tempo di cantare vittoria, per un incremento inaspettato di oltre 30mila posti rispetto alle 148mila assunzioni previste dalla prima versione della ‘Buona Scuola’, che dal Miur hanno tenuto a specificare che, scrive Orizzonte Scuola, “le 180mila assunzioni di cui si è parlato, in realtà, sono comprensive dei posti che saranno messi al bando per il prossimo concorso. Non è cambiato nulla, quindi”.

È evidente che, ampliando l’arco temporale delle assunzioni, il Governo sta cercando di coprire la decisione presa gli ultimi giorni di ridurre di alcune decine di migliaia di posti la quota di quasi 150mila assunzioni inizialmente indicate come sicure. Ma a questo gioco, l’Anief non ci sta e rilancia il suo piano di assunzioni, fatto di numeri veri, non di cifre fluttuanti.

Secondo il giovane sindacato, i posti liberi su cui poter immettere in ruolo sono praticamente il doppio di quelli indicati dal Governo: stiamo parlando, infatti, di circa 350mila assunzioni. Una cifra vicina a quella indicata anche dal Movimento 5 Stelle, che sempre poche ore fa ha presentato un PdL comprendente “un nuovo sistema di formazione e reclutamento. Un progetto che può essere realizzato – spiegano dal M5S - eliminando i tagli della Gelmini, come promesso dallo stesso Partito Democratico e con la diminuzione delle classi pollaio”.

Secondo l’Anief, ha ragione il partito d’opposizione, perché il Governo deve prendere atto del fallimento totale derivato dagli effetti della riforma Gelmini-Tremonti che ha toccato l’apice con la Legge 133/2008. Il sindacato lo ripete da anni: l’unico modo per tornare a fornire un servizio scolastico qualificato, degno di un Paese moderno, passa per il ripristino del tempo scuola e degli organici di 10 anni fa. Facendo tornare in vita i 200mila posti tagliati dal 2006 ad oggi, si verrebbe infatti a determinare quel rapporto fisiologico tra alunni e docenti indispensabile per una scuola di qualità. A quei 200mila posti da ripristinare, vanno poi aggiunti i 90mila attualmente inseriti in organico di fatto, ma in realtà collocabili tranquillamente tra le supplenze annuali al 31 agosto. E, per concludere, se si vuole fare un discorso di assunzioni in prospettiva, nel piano di stabilizzazione vanno considerati anche i 60mila vincitori del prossimo concorso a cattedra.

“Si tratta di una quota doppia rispetto a quella prevista e annunciata dal Governo”, spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, che ricorda anche come si è arrivati a dequalificare la scuola italiana attraverso i tagli indiscriminati degli ultimi anni.

Dobbiamo ricordare che nel 2006 erano 1 milione e 200mila i posti complessivi tra docenti e personale Ata, contro il milione di oggi. Le risorse umane a disposizione delle nostre scuole, in pratica, sono state soppresse di un sesto. Anche perché nel frattempo i vari Governi che si sono succeduti, hanno pensato bene di ridurre il turn over, con una “stretta” sui pensionamenti senza precedenti, e di eliminare, sempre di un sesto, il tempo scuola – con quattro ore di scuola in meno a settimana negli istituti di ogni ordine e grado - e i posti da assegnare al personale supplente.

“Il risultato di questo processo di dimensionamento dell’offerta formativa, oltre che quella delle sedi scolastiche, ridotte da 12mila a poco più di 8mila, ha portato l’offerta formativa italiana ai minimi storici”, continua Pacifico. “È tutto dire che, anche se negli ultimi tre anni il numero di alunni è aumentato, il personale, remunerato con stipendi bloccati dal 2009 e nemmeno più ancorati all’inflazione, ha dovuto fare fronte ad un impegno sempre più gravoso. Molti di loro, tra l’altro, sono stati lasciati illogicamente nello stato di precarietà: basta ricordare che ancora oggi, pur in presenza di un Governo che sostiene di operare per il bene degli alunni disabili, c’è ancora un terzo degli insegnanti di sostegno che viene chiamato in supplenza”.

“È esemplare è anche quanto accaduto agli amministrativi, tecnici e ausiliari, il cui organico continua ad essere largamente coperto da precari. Un organico, quello degli Ata, tra l’altro tagliato di un quarto e ancora falcidiato dai tagli con la Legge di Stabilità 2015, che dal prossimo settembre porterà via altri 2.020 posti. Ricordiamo, infine, come l’introduzione del maestro unico, con contemporanea soppressione del ‘modulo’ e del docente specializzato in inglese, abbia portato alla cancellazione di 40mila posti. Con il rapporto alunni-docenti, costretto inevitabilmente a salire”.

“E che dire della confusione tra organico di diritto e di fatto, che ha fatto così comodo al Governo di turno per lasciare tantissimi posti al 30 giugno anziché liberi per le assunzioni? Il tempo delle ingiustizie verso i precari però è scaduto, perché se non verranno stabilizzati i 70mila docenti con supplenza priva di mesi estivi, lo Stato potrebbe arrivare a pagare indennizzi che vanno dai 2 ai 3 miliardi di euro complessivi, con ogni lavoratori che beneficherebbe sino a 50mila euro”.

In conclusione, Anief non può non fare riferimento ai rapporti Ocse e agli indicatori Ocde, Education at a Glance, che negli ultimi anni si sono espressi nei confronti della scuola italiana in modo sempre più negativo e sconfortante. Gli stessi indici di dispersione italiana, decisamente superiori ai Paesi dell’Est, e distanti quasi 10 punti dalle indicazioni europee sono più che eloquenti.

“Ecco perché – conclude Pacifico – diventa oggi indispensabile ripristinare gli organici del 2006: inserire nel piano del Governo 350mila assunzioni, anziché 180mila, è l’unico modo per tornare ad una scuola di qualità. Senza risorse umane adeguate, qualsiasi programma di riforma sarebbe destinato a naufragare”.


Per approfondimenti:








Riforma scuola: il MEF a caccia di soldi (Tecnica della Scuola del 26 febbraio 2015)




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